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FinecoBank, oltre il recruiting

Rassegna stampa: bluerating.com

FinecoBank, oltre il recruiting: la selezione come responsabilità e visione di leadership

Nel mondo della consulenza finanziaria si parla spesso di recruiting come se si trattasse di selezionare numeri, portafogli o semplici ruoli da ricoprire. Ottavio Corali, area manager di FinecoBank, preferisce usare una parola diversa: selezione. Una parola che mette al centro l’individuo, non il potenziale commerciale.

Con oltre 300 persone inserite nella sua struttura in 18 anni, Corali riflette sui social un approccio profondamente umano e consapevole. “Quando incontro un candidato – afferma – non ho di fronte un portafoglio, ma una persona. E io non voglio solo leggere un curriculum, voglio capire chi ho davanti, chi è, quali sogni ha, quali paure si porta dietro”.

Per Corali, l’errore è sempre dietro l’angolo e l’intuito da solo non basta. Anzi, va controllato, perché “la pelle inganna”. Serve un processo che smascheri le illusioni e metta alla prova i presupposti. “Nel mio ruolo mi assumo la responsabilità delle scelte. E non basta un portafoglio per decidere. Conta molto di più la storia personale, le scelte compiute, il contesto da cui si arriva, il grado di responsabilità assunto nella vita”.

Il lavoro di selezione, secondo Corali, parte da una consapevolezza: “Un giorno quella persona lavorerà con me. Potrei non piacerle. E va chiarito subito come lavoriamo, non solo in Fineco, ma nella mia squadra. Bisogna condividere valori, ritmi, modalità operative. Perché la mia è una squadra che va veloce, molto veloce. E questo può essere uno stimolo, ma anche motivo di paura”.

L’approccio del manager è diretto, quasi spiazzante: vuole spaventare il candidato. Ma non per allontanarlo, piuttosto per testare la sua determinazione. “Prima di tutto ho una responsabilità morale enorme. Voglio che quella persona sia consapevole del percorso. Di quanto sarà faticoso. Di quanta fiducia dovrà riporre in me nei momenti di difficoltà. Perché ci saranno. È inevitabile”.

Il lavoro, quindi, non finisce con l’inserimento. Anzi, è solo l’inizio. “Nei primi due anni devo essere presente, ogni giorno. Capire dove stanno le persone, anche emotivamente. Perché le crisi arrivano, ed è lì che si misura la forza di un team. E il nostro mestiere è più duro di quanto sembri. Se fosse facile, avremmo la fila fuori”.

Corali lo dice senza mezzi termini: “Mi spaventano le persone che non hanno sogni. Cerco chi vuole realizzarli, non chi semplicemente vorrebbe. E poi cerco fame. Ma non di soldi, di crescita, di sfida, di impegno”. Il guadagno, specifica, è soggettivo e secondario: “Quello che conta è la volontà di fare fatica per arrivare. Perché nulla è gratis. Ci sono solo ‘sangue, sudore e lacrime’, come dico sempre, ridendo ma non troppo”.

Il suo obiettivo? Far abbracciare un progetto, non vendere una posizione. Una visione costruita in oltre 40 anni di esperienza, in cui il successo non si misura in numeri, ma nelle storie condivise, nella fiducia guadagnata, nella responsabilità assunta.

Infine, Corali chiarisce un punto fondamentale del suo approccio: “Essere leader significa avere il coraggio anche di dire no. Di non sentirsi di far fare a una persona un cambiamento troppo grande, se non è il momento. Perché dobbiamo costruire squadre che vincono nel tempo, non solo oggi”.

Ed è in questo equilibrio tra rigore e umanità che emerge il valore di una selezione autentica. Una selezione che non guarda solo al profitto, ma al potenziale umano. Che non recluta, ma costruisce. E soprattutto, che non si accontenta del curriculum, ma cerca la persona che ha il coraggio di credere nei propri sogni — e di realizzarli insieme.

Articolo pubblicato su: Bluerating.com