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Il Talento si Legge tra le Righe, non nel Curriculum

Selezione

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Recruiting o selezione? Ciao, sono Ottavio Corali. Oggi vi parlo di recruiting o selezione, secondo la mia visione e il mio metodo.
Nel nostro settore si parla di reclutamento, recruiting. A me non piace. Mi piace parlare di selezione. Quindi in questa attività, e solo nei 18 anni che sono qua in Fineco, ho inserito nella mia struttura circa 300 persone.
Persone. Parto da qua. Non mi fido del mio intuito. Posso dire che un po' vado a pelle, ma non mi accontento, non mi fido. Allora cerco di escludere i fattori che possono indurmi in errore. E l'errore è sempre lì dietro l'angolo. E con tanta attività va da sé che qualche errore nel tempo sia stato commesso. Posso dire che ci sono dei concorsi di colpa, sì, però non mi serve, mi prendo la responsabilità. In quel momento io non ho di fronte un portafoglio. Normalmente nel nostro settore si parla di un buon candidato alla nostra attività se ha un buon portafoglio.
Non mi interessa. Ho di fronte una persona, sono qua per costruire una squadra, e quindi il portafoglio è marginale. Saprò io, insieme ai miei collaboratori, fargli costruire il portafoglio se ho la persona giusta di fronte. Quindi il curriculum vitae non è sufficiente, è un'indicazione, ma non è sufficiente. Il portafoglio è un'indicazione, ma non è sufficiente. Il contesto da dove vieni comincia già a essere un indicatore per me importante.
Quali scelte hai fatto nella vita? Quante responsabilità ti sei assunto? Quali sono le tue paure? Giuste, corrette, da affrontare insieme? E fin da subito metto in evidenza al candidato, alla persona che ho di fronte, fin da subito, che il mio obiettivo sarà portarlo a un certo momento di avere una grande paura e di doversi fidare assolutamente di me, perché io so come funziona da questa parte. Lui non lo può sapere. In questo percorso cosa vado a vedere? Intanto mi faccio conoscere, perché premesso e posto che tutto vada benissimo, questo signore o questa signora un giorno dovrà lavorare con me e potrei non piacerle. Ed è un elemento che va sgombrato dal campo fin da subito. Devo dire come si lavora. Sì, nella mia azienda, ma soprattutto nella squadra che gestisco all'interno dell'azienda. Come si lavora nella mia area. Già in questi aspetti il portafoglio non c'entra, perché c'è un concetto molto forte di squadra, di collaborazione, di valori personali e professionali da portare e che porteremo a questo candidato, che arriveranno da questa squadra già consolidata. Ecco che allora si parla di selezione, quindi voglio conoscere chi è per capire, cercare di capire quanta resilienza può avere ai momenti di difficoltà, che cosa si aspetta da me, che cosa si aspetta dalla mia azienda, quali sono i suoi obiettivi di vita, non di guadagno.

Il guadagno è sostanzialmente soggettivo, non è un parametro di valutazione. Voglio capire quanta fame ha, ma fame intesa come voglia di arrivare, di sfida, di mettersi in gioco. Quanto è disposto a fare e a impegnarsi per dar corpo, per realizzare i sogni che ha.
Perché dire che voglio, banalizzo, triplicare il mio reddito, siamo tutti capaci. Ma nella mia onestà intellettuale, se ti espongo quanta fatica c'è da fare, posto che è possibile arrivarci, dipende se sono disposto a fare con la fatica. È una cosa assolutamente soggettiva. E in questo modo cerco di capire chi ho di fronte, di quali supporti ha bisogno e soprattutto quali sogni ha da realizzare. Mi fanno paura le persone che non hanno sogni da realizzare. Mi piacciono le persone che hanno sogni che vogliono realizzare, non che vorrebbero, che vogliono. E allora posso portare la mia esperienza dove posso dire che in oltre 40 anni di attività ho realizzato anche qualcosa in più dei sogni che avevo. Pranzi gratis non ce ne sono, mi spiace. E ridendo dico sangue, sudore e lacrime. Estremizzo ovviamente perché sono situazioni peggiori. Ma se fosse facile avremmo la fila fuori a fare il nostro mestiere. Mentre, al di là delle belle parole che possano emergere, nel momento in cui una persona la devo mettere onestamente, correttamente, di fronte alla fatica che c'è da fare, per qualcuno è una fatica, per qualcuno è una sfida.
Ed è un motivo in più per abbracciare il mio lavoro. E questo è il mio obiettivo, fargli abbracciare un progetto. Il portafoglio, ripeto, non mi interessa. Voglio la persona, la persona che sappia inserirsi in un team. In un team che va molto forte, va tanto veloce. E quindi è un bel vantaggio, ma a qualcuno può far paura. E quindi se questo fa paura, non va bene. Dopo certo vado a spiegare tutti gli elementi oggettivi che favoriscono la crescita della nostra attività, gli aspetti tecnici, gli aspetti di settore, le prospettive di settore.

Ma questo non basta. Anzi, in qualche caso possono spaventare. Ed è lì che interviene la mia competenza, perché voglio spaventare il mio candidato. Perché prima di tutto, come dico sempre a queste persone, ho una responsabilità morale pazzesca che mi voglio assumere solo nel momento in cui abbiamo condiviso un progetto che è fatto sì di obiettivi, di sogni realizzabili, ma anche di tanto lavoro da fare, di tanti momenti dove ci sarà anche paura, dove ci sarà bisogno di esprimersi, di dire sto male, oppure non ce la faccio, oppure come faccio a fare.
E allora lì prendo, ci sono. Se abbiamo condiviso questi punti, ci siamo. Posto che magari qualche errore si commette, ma anche dalla parte di chi mi ascolta, che nonostante tutto può sottovalutare un aspetto complesso. E allora lì come interveniamo? Con grande attenzione, tutti i giorni, fino a che questa persona non è consolidata. E poi il percorso di coaching, di supporto, non finisce mai per un manager ed è bellissimo questo. Ma soprattutto all'inizio, all'inizio vuol dire un paio d'anni almeno, non due giorni, essere sempre a fianco a queste persone, conoscere, farsi conoscere, capire a che punto stanno, anche emotivamente, sempre, per non cadere in momenti di panico o di paura che possono arrivare.
Sembra molto facile scegliere di fare il professionista, ma scegliere significa decidere a che cosa rinunciare. A qualcuno può non piacere decidere di rinunciare a una tranquillità, a una stabilità, a quello che è proprio un trantran di vita che va benissimo. Nel momento in cui abbiamo condiviso un percorso, allora sono molto più sereno e sono entusiasta di poter dire, sì è vero, a tantissime persone posso dire di avere costruito un'opportunità, ma costruiti insieme a loro, quindi quando qualcuno mi viene a ringraziare, grazie per la scelta che mi hai fatto fare, dico no, grazie a te per la responsabilità che ti sei preso e per tutto ciò che hai fatto.
Questo significa avere il coraggio di fare selezione, anche di dover dire a una persona non me la sento di farti fare un cambiamento importante. Non è semplice, ma è il nostro ruolo, siamo dei leader, non dobbiamo reclutare, dobbiamo avere persone che sono con noi e costruire squadre che vincano nel tempo.
Nel mio approccio alla selezione, il talento non si trova nei numeri. Si intravede tra le righe di una storia personale, in una scelta coraggiosa, in una paura dichiarata, in un sogno che chiede spazio per realizzarsi.

In questo video condivido una visione costruita in oltre quarant’anni di esperienza: quella secondo cui la selezione non è recruiting, non è “reclutare numeri”. È assumersi la responsabilità di scegliere persone, di riconoscerne il potenziale umano e professionale prima ancora dei risultati.

In Fineco ho inserito oltre 300 professionisti. E ogni scelta è stata frutto di un’analisi profonda, mai superficiale, mai basata solo su un curriculum o un portafoglio. Perché quello che cerco è una persona capace di inserirsi in una squadra che corre veloce, ma che lavora in modo coeso e con valori forti.

La mia selezione parte sempre da alcune domande:
  • Quali scelte ha fatto nella vita questa persona?
  • Cosa si aspetta davvero da me e dalla mia azienda?
  • Quanta fame ha? Ma fame vera, fatta di voglia, di sfida, di sacrificio.

Non vendo illusioni. Dico la verità: non ci sono pranzi gratis. E chi vuole davvero cambiare vita deve sapere fin dall’inizio quanta fatica, quanto allenamento e quanta fiducia saranno necessari.

"Il talento si legge tra le righe" è un invito a rivalutare il processo di selezione, a farne un atto etico, consapevole, profondo. Non basta dire sì. Serve essere pronti a costruire insieme, con coraggio e responsabilità.